
Il problema non è la Murgia, che spesso si dimostra intelligente, tagliente e preparata.
D’altronde nemmeno proprio di lei voglio parlare, ma del limite che c’è tra opinione ed esposizione con competenza.
Opinioni e gusto comunque influenzati dalla conoscenza, dal contesto, dall’esperienza, dalla traiettoria sociale.
La Murgia esprime un’opinione in un contenitore in cui due persone dotate di una discreta cultura personale chiacchierano del più e del meno senza fare nessun affondo concreto sui motivi di certi meriti o demeriti di un autore.
È il contenitore a garantire certe libertà che però non dovrebbero offrire l’opportunità di essere poi genericamente banali e pericolosamente promotori di un pensiero impreciso e superficiale.
L’autorevolezza di chi espone un determinato pensiero, se imposto poi avvalendosi di una presunta aurea intellettuale, diffonde luoghi comuni.
È più o meno corretta su Da Ponte, ma senza specificare che, nella realizzazione metrica, Mozart spesso interveniva ledendo certe volontà d’autore per finalità musicali.
Interventi spesso effimeri. Altre volte di una certa portata.
Serve, in una discussione di questo tipo in cui si affermano frasi del tipo “beh, se non lo capisco significa che è esoterico?”, fare certe specifiche?
Il contesto non lo richiederebbe. È una conversazione da bar. La presunta autorevolezza della fonte sì.
È la stessa logica che genera fake news.
La Murgia non sbaglia per mancanza di conoscenze musicali (eppure avrebbe dovuto citare il mininmalismo, lo sperimentalismo e i riferimenti a Stockhausen, cose che si possono trovare banalmente su internet e su qualsiasi manuale di storia della musica che affronta la musica contemporanea ) ma proprio perché da autrice avrebbe dovuto parlare delle teorie psicofisiche di Gurdjieff che hanno influenzato proprio quel brano ritenuto oscuro se non privo di senso, “Centro di gravità permanente“: un brano che mette insieme “la ricerca di un proprio interiore” e delle intenzionalità estremamente pop che, non a caso, diventano subito cult in La Casa di Carta; o che ne so, Delenda Carthago che cita Catone e contiene un passo delle elegie di Properzio. Oppure avrebbe potuto ricordare l’opera in due atti Gilgamesh.
O ancora quando negli anni ’80 inizia a mettere intenzionalmente insieme frasi che trovano senso nella sua esecuzione sonora, con pastiches che danno vita a qualcosa di nuovo.
Quella della Murgia è un’opinione buttata lì scioccamente, come quando non sto a genio, non mi viene voglia di argomentare o voglio provocare e mi viene spontaneo dire “ma dai, quelli di Fontana so’ duje taglietielle” oppure “e dai, l’ennesima annunciazione, che palle” oppure “alla fine è una banana azzeccata con lo scotch”.
La Murgia non sbaglia a dire quello che le passa per la testa.
Sbaglia a non capire la portata del mezzo che sta utilizzando e i rischi che corre nel diffondere opinioni superficiali, non argomentate e, non limitandosi ad un sacrosanto “mi piace, non mi piace”.
AGGIORNAMENTO 7 APRILE 2020.
Quando si sbaglia si sbaglia.
Non sono solito mettere la testa sotto la sabbia e nascondere gli errori.
Non avendo visto se non un altro video, l’esercizio dialettico del dibattito, in cui si prendono due posizioni, una a favore ed una contraria, una popolare ed una impopolare, e che caratterizzerebbe il format con la Murgia protagonista, non mi era stato chiaro da subito.
Forse perché abituato ad un debate in cui c’è una più profonda argomentazione a sostegno di una o dell’altra teoria.
Ma se si sbaglia si sbaglia.
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