Sono nato il  20 maggio nel 1988 dopo una lunghissima, travagliatissima, tribolatissima gestazione: d’altronde, capirete, non è facile cacciare dal culo un uovo dal peso di 3,5 kg.
Avreste dovuto vedere, però, con quanta tenerezza sgusciai fuori da quella prigione calcarea. Già già, che amore!
Ad assistere alla mia nascita, vennero tutti gli animali delle fattorie vicine: Casaperpochi, Lìano, Riccizzano, Sulebraccia, Seforseperopoli, e tante altre province del Sottoregno di Pizzapoli.
Per me, per vedere proprio me, venne dientepopodimeno che anche lo zio Tobia.
Si dice fosse venuto da solo e che la moglie fosse rimasta a casa – dicono – per cucinare, ma nessuno ci ha mai creduto. Capite a me!

Comunque, tornando alla celebrazione dei miei natali: c’erano proprio tutti! Sì, anche quel bastardo di un cane meticcio, quello del fattore vicino.
Già, quello stronzo non ha mai voluto che al mattino cantassi, ma che male c’è se ne ho voglia? Vi pare che debba farmi vietare di fare ciò che mi piace?
E poi, se non ci fossi io, come farebbero gli animali della fattoria a svegliarsi presto senza il mio chicchirichì ?
E poi, lui che abbaia, non se ne accorge che rompe i bargigli a tutti con quel suo sguaiato ululato alle 3 del mattino?
​E’ soltanto invidioso perché il mio canto è atteso da tutti, mentre il suo no.
Comunque… dicevo, c’erano i maiali, con tanto di vestito gessato ed auto blu, le oche del cortile vestite da gran dame, l’asinello, il bue, i re Magi… ah no… sto facendo confusione… quella è un altro Natale.

Mettiamo ordine:
Quando uscii fuori dal guscio, tutti iniziarono a prendermi in giro perché avevo poche piume, mentre la nonna, orgogliosa del suo implume nipotino, iniziò a pizzicarmi le guance glorificando, davanti a tutti, la mia bellezza. “Comme ‘e belle ‘o pullcenuzz da nonn”. Provai una vergogna indescrivibile, oltre che un dolore cane. Ahi! Però ero caruccio assai, questo devo dirlo.
Siccome andavo in giro con un cappuccio di guscio in testa mi riconoscevano tutti! Sapete com’è, da piccoli noi pulcini siamo tutti uguali, ma con il mio guscio mi contraddistinguevo! E la cosa mi piaceva tantissimo.

Però poi, arrivò quel pulcinaccio copione! Avete presente Calimero? Abbiamo fatto il pollailo insieme e, all’epoca, non portava nessun guscio in testa! Quel fottutto pulcino si è appropriato della mia idea e così conciato è stato protagonista di film, soap opere e persino di un cartone animato!!!
Dove sono le mie royalties? E la mia gloria? E le mie gallinelle a fare la fila per un mio autografo?
Quel ladro!… se lo becco… lo faccio nero! Ma la cosa più grave fu che, da allora, tutti iniziarono ad imitarlo: immaginate tanti pulcini vestiti allo stesso modo! Che noia! Fui costretto, per disperazione, a togliermelo.
Tutti avrebbero pensato, altrimenti, che lo facevo per copiare Calimero.
Io? Ma dai, lasciamo stare, meglio pensare a ricordi felici. I primi ricordi sono legati alle giornate trascorse al lago! A petto nudo ero proprio un bel pulcino! Ehi, cosa ridete?! E’ vero… lo dice anche la donna!!

L’acqua era limpidissima… quanti tuffi! Oggi, invece, è uno schifo: puzza di fogna e i pesci sono tutti morti.
Era bella la mia patria… mi divertivo un sacco a giocare a calcio con i chicchi di grano, pure quando qualche cornacchia con le rughe e le zampe di mammina non veniva a romperci le scatole. Non volevano che giocassimo, però tutto sommato si viveva in totale armonia.
Col tempo il flebile piumaggio giallino cominciò a farsi bianco, iniziò a crescermi la cresta e il gargarozzo divenne rossissimo.
Che bella la pubertà!
Se ci penso, fu proprio allora che iniziai a canticchiare. Sotto la doccia, in macchina, in torno al fuoco: ero proprio un galletto canterino assai assai.
Poi, un giorno, era un pomeriggio di settembre, mi sono specchiato nel laghetto, quello dietro la stalla, e notai che avevo tante penne a mia disposizione e capii che qualcosa pure avrei dovuto farne. Così iniziai a lasciare qualche segno della mia presenza, su questa benedetta fattoria, sulle pareti del pollaio.
Mi criticarono, mi denunciarono, dissero che sarei passato per il cretino del villaggio. Cosa credevo di fare, lo scrittore? Illuso.
Mi facevano il verso. E quando li avvisai che il mondo intorno stava cambiando, che stavano avvicinandosi stagioni lunghe e difficili per tutti noi, a causa delle speculazioni dei fattori, dell’aumento delle tasse sul concime e l’inquinamento, non vollero ascoltarmi e, anzi, mi accusarono di essere un gallaccio del malaugurio, di parlare solo di cose brutte.
Ed oggi che la storia mi ha dato ahimè ragione, hanno il barbaro coraggio di dire che è colpa mia se altri hanno lasciato che la fattoria diventasse una cloaca per porci e galline vecchie. Dicono che ho portato sfiga, pensa te.
Oggi tutto è diverso.
Già, sono finiti i tempi in cui si poteva fare il bagno nel lago. Dell’armonia fattoreccia non c’è nemmeno più l’ombra. Sono aumentati i maiali e le auto blu. Lo zio Tobia, per la disperazione, ha fatto le valigie se ne è andato – dicono – a far pascere bestiole spaziali su di un altro pianeta, con l’aiuto di Laika, una cagnetta terrestre che qualche annetto prima se ne era andata in giro per l’Universo in ricerca di qualche essere umano intelligente.
Ma dicono che anche lei abbia abbandonato il povero Zio, preferendo il gioco d’azzardo clandestino e puntando, di tanto in tanto, qualche croccantino sulle corse al cinodromo di Saturno.

Già, proprio così. Tutto bello e finito.
L’asino non soffia più per riscaldare il volto dei neonati, ma genuflette la lingua per scaldare il culo dei nuovi fattori; il programma settimanale dello spettacolo circense – creato su misura per noi superstiti affinché ci potessimo divertire ed istruire – è diventato solo un contenitore per porci e papere; gli animali soffocano sotto l’asfissiante abbaiare di cani bastardi, guidati dai guaiti dei loro padroni.
Vogliono che non si canti… che nessuna voce sia fuori dal coro… nessun chicchirichì! Nessun guscio, niente di niente.
Tutti che non sentono… tutti che dormono… E gli altri galli? Cosa fanno? Dove sono?
Non lo so di certo io. Sono solo un povero Gallo. Un Gallo che canta, un Gallo che scrive e che, anche se gli altri gli puntano il piumaggio contro, non ha nessuna vergogna di fare con le penne ciò che vuole.
Già, perché in fondo, checché ne dica il cagnaccio di cui sopra, io resto pur sempre il Gallo Canterino!