
“Meglio scambiare un ramo per un serpente che un serpente per un ramo”.
Mario Barenghi, nel suo Poetici primati, Saggio che parte dalle origini della comunicazione tra i primi esseri umani fino ad incrociare studi sociologici e di narratologia, a pagina 119, cita un saggio di Keith Oatley, The Mind’s Flight Simulator, in cui si paragona l’esercitazione dell’aviatore con il simulatore di volo alla lettura che si fa, oltre alle logiche di intrattenimento e piacere, anche viatico per comprendere “la società nella quale si svolge l’esperienza concreta di ogni singolo” fatta di “strettoie e meandri, insidie e trappole”.
Al liceo, per logiche di classe che non posso raccontare senza valicare la tutela della privacy, dopo Animal farm ho assegnato un più semplice racconto di Kate DiCamillo.
Il libro mi è capitato per caso, l’ho letto per la prima volta in questa occasione.
E mi ha divertito un sacco leggerlo.
È una favola in cui un coniglio di porcellana, Edward Tulane, un giocattolo o, addirittura, oggetto di soprammobile, scopre che nessuna vita è degna di essere tale se manca l’amore.
È una storia semplice, a tratti infantile e sicuramente meno impegnativa di Orwell, tuttavia, se vale la tesi di Oatley, il percorso di formazione di Edward si fa pungolo anche per quell’adulto che non è più sensibile a certe nostalgie dell’infanzia e ha bisogno di un monito a là Scrooge.
Ché alla fine, a questo servono le storie.
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