In realtà, non è così difficile come si crede, credo.
Cioè, basterebbe poco, che poi proprio poco non è: un bel programma, dei saggi che ti chiarifichino ogni piccola cosa, un professore che ami fare quello che fa (miracolo tra i miracoli), un’edizione fortunatamente pignola che, passo dopo passo, con passione (repetita iuvant), ti indichi pure il momento esatto in cui Manzoni, stanco di stare piegato sulle sue carte zozze d’inchiostro, ha fatto una pausetta, per sgranchirsi le gambe e per fumarsi un cannone*. Però, lontano dalla folla ché è agorafobico; magari a pochi passi dal figlio che sta giocando coi porcellini d’india.

Qualcuno lo ritiene un lavoro pedante, forse resta comunque difficile avvicinare un liceale alle mille pagine e passa manzoniane, obbligandolo a stare lì a spulciare ogni singola nota per capire bene i corsi e i ricorsi di Renzo e Lucia. Probabilmente, a questo tipo di letture, continuerà a preferire altro. Un libro qualsiasi, nelle migliori delle ipotesi. Non so cosa, nelle peggiori.

Niente, in quelle catastrofiche.

Ma…

Tralasciando le pur interessanti tarantelle o querelle – per dirla alla maniera dei francesi – tra chi ritiene i Promessi un capolavoro indiscusso e chi qualcosina deve dirla per forza, altrimenti si fermerebbe ogni tipo di validissima analisi, non si venderebbero più libri, si arresterebbe la ricerca, devo constatare che, grazie a questa edizione (diretta da Francesco de Cristofaro, Giancarlo Alfano, Matteo Palumbo e Marco Viscardi), dopo anni di tedio, odio, pregiudizio, schifo, finalmente posso dirlo: mi sono innamorato de “I Promessi Sposi”.

E non come quando, a piazza Bellini, bevi talmente tanto ché sei pronto a flirtarti la prima scorza di pelle, capelli e rossetto ti si avvicini (un’esplosione di passione ché ne rimarrebbe contenta la Lorenzin).

No, è più come quando la tua compagna di classe vuole a tutti i costi uscire con te, ma tu la ripudi, semmai fai finta di niente, perché bruttina, mal vestita, in apparenza poco interessante. E poi passano gli anni e qualcuno ti fa notare, con tanto di numeretto a pie’ di pagina, che sta maturando bene, si è fatta carina ed è – guarda caso – assai più interessante di quanto non lo fosse prima,
​La differenza è che la letteratura non ha la cazzimma di vendicarsi per quello che (non) hai fatto quando tenevi 16 anni ed eri un idiota.

Piano piano, se c’è l’amore ( e la salute), si recupera tutto.
​Più o meno.


* chiaro anacronismo, ma se il Manzoni avesse davvero provato un po’ di marja o – che ne so – pure un po’ d’oppio, magari avrebbe avuto meno ansie e meno disturbi psichici. 

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