A 80 anni, Riccardo Muti parla come parlano certi nonni, suoi coetanei.
Certi nonni, in passato comunisti, iscritti al partito, oggi rivendicano la necessità di un Musullino per mettere ordine al caos che viene.
È una prassi e col tempo ho anche imparato a capirlo.
Il tempo che passa tramuta i potenzialmente buoni in intransigenti nostalgici che guardano al passato come una speranza cui non hanno saputo dare concretezza.
Muti ha ragione: la mediocrità ci governa.
Da un lato, è vero, c’è chi arraffa. Fa, senza sapere e, di più, nascondendosi dietro a un’intransigenza vuota a perdere, dopo aver comprato questo e quel titolo, magari, si sente anche in diritto di dirti come fare le cose. E questo è un mondo che si autoalimenta da anni, dai nonni Muti & pronipoti.

«Com’era bello quando c’era Andreotti. Stavamo tutti bene».
Quante volte l’avete sentita, nelle riunioni familiari, in mezzo a «buon natale, quando ti laurei e una ragazza ce l’hai?»
Dimenticando che, se al comune – uno a caso – c’è un povero vecchietto incazzato e incapace – perché mica ha mai imparato a usare il computer – che, invece di andare in pensione, continua a distribuire carte di identità con lentezze burocratiche inconcepibili nel 2021, è perché, a suo tempo, chissà chi ce l’ha messo lì, per il gioco del «sistemiamoli tutti in cambio di un voto»
Ed è ancora tutto così, eh.
E te li trovi tutti, nei ruoli di comando e gestione.
O a gesticolare, per citare l’intervistato.
E di questa epoca, Muti non è il figlio ma il padre, anzi il nonno.
Tutti che se la prendono con qualcosa ma nessuno che fa davvero qualcosa contro.
Piazza degli Eroi di Thomas Bernhard
O almeno c’era e vedeva che nei concorsi, alla fine, vinceva l’amico del tizio.
A parità di bravura, eh, o giù di lì.
A voi non è mai capitato di sopravvivere a una lunga selezione, alla fine della quale poi, guarda caso, all’orale, a discrezione della soggettività della commissione, possono distruggerti?
A me sì.
E oggi, ha ragione Muti, è un tempo irriconoscibile.
Per carità, Muti è uomo di cultura, ma pure di mondo.
Sa come ha funzionato e come continui a girare.
Il terrapiattismo non è un revisionismo scientifico ma una corrente culturale volta alla bidimensionalità.
Dove:
si diventa romanzieri senza leggere.
si diventa cantanti senza studio, senza nemmeno provare vergogna e frustrazione per le proprie note calanti.
si diventa, senza essere.
E la cosa è che i terrapiattisti applaudono, commentano con giubilo e condividono senza sapere che li si sta prendendo per il culo.
Non ne hanno più i mezzi.
Muti lo si stima e basta
E a 80 anni, può pure dire quello che vuole.
Come capita con certi anziani che, in fila alla posta dalle 7.15 del mattino, si lamentano del ragazzo che passa avanti perché ha la prenotazione con lo smartphone e tu, scuotendo accondiscendentemente il capo, giusto per non essere oggetto del rimprovero, nascondendo la tua prenotazione QRCode, dici «eh, signo’, che ce vulite fa’, ‘e giuvene e’ oggi accussì fanno».
Ma il problema non è l’ottantenne, pur colto-coltissimo, che si lamenta come Abraham Simpsons ma il trentenne fascistoide dentro – anche se non lo sa – che ti condivide la notizia con anche un certo pisello narcissico sbrodolante sperma e sudori, che non si aspettava altro che una figura di spessore gli facesse la circoncisione, il rilievo, il contorno, con la matita grossa.
Dall’altro lato, Muti rievoca una didattica in cui la punizione valeva l’insegnamento e mi sorprende come sia facile confondere rigore e disciplina con militarismo da servizio di leva.
«Se non sapevo un caso latino, il maestro mi prendeva per le orecchie, ora non sbaglio più una citazione latina».
Che Muti sia stanco è comprensibile.
Si vive in un paese in cui con un click fai musica o con due sei scrittore.
Con quattro hai anche il video su Youtube tramite cui atteggiarti a creativo.
E però, avrebbe fatto più bella figura, «togliendosi di mezzo», dando speranza e consigli, non rievocando epoche da scuola post-fascista.
A meno che il suo non sia stato un grido di aiuto uscito male.
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