“Sono solo in muto” è pubblicato in Rapsodia – a Magazine of Arts and Literature nel 2016 cui fece seguito la bella recensione su Rivista Paper Street a cura di Arianna Borgoglio (http://www.paperstreet.it/sono-solo-in-muto-francesco-amor…/)
Milleottocentosessanta.
Milleottocentossessanta per dodici anni.
Milleottocentossessanta per dodici anni fanno centocinquantacinque.
Centocinquantacinque l’anno.
Milleottocentosessanta.
Se penso a come ci sono arrivato, un po’ mi viene da ridere, un po’ mi viene da piangere.
All’epoca mi arrangiavo con quello che mi capitava. Ho lavorato in un bar per seicento euro al mese. Aprivamo alle sei di mattina e chiudevamo a notte inoltrata. Se andava bene, per le 2 ero a casa. Un massacro. Poi ho capito che così ci rimettevo la pelle ed io, a casa dai miei bambini, ci volevo tornare. E così ho fatto l’imbianchino, il fattorino, il cameriere. Traslochi occasionali tanti, tutto per pochi soldi. Una volta mi è stato proposto di fare il palo. Una rapina a un centrocommerciale. Dissi di no.
A 18 anni mi iscrissi a lettere. Volevo fare l’insegnante e nei ritagli di tempo lo scrittore. Pensa un po’.
Ci misi poco per capire che mi sarei schiantato addosso a un muro di illusioni, ma ci sono andato addosso lo stesso ed ora mi sto ancora riprendendo dall’impatto.
Non dico niente. Resto in silenzio. Metto la testa sul cuscino, aspetto l’abbraccio di mia moglie che nel sonno mi cerca, mi accarezza, e così metto in muto il dolore. Non lo spengo. Non si spegne.
Come quando abbassi il volume dello stereo. La canzone continua ad andare, poi ne passano altre mille, quasi tutte uguali, ma mica si ferma. No. È solo in muto.
Intanto, consegnavo CV.
– Le accettiamo solo tramite internet.
Facevo sì con la testa, tornavo a casa ed eseguivo come un automa. Dopo qualche giorno mi arrivava la risposta.
– Le accettiamo solo a mano.
Li riempivo di continuo con esperienze lavorative che non avrei mai fatto. Inventavo.
Mi sforzavo di pensare che era come scrivere un romanzo. Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. Bastava non scriverlo.
Numero di telefono: 334 87891125
indirizzo e mail: CarloCiappino@overnet.com
Conoscenza dell’inglese: ottima.
Can you repeat slowly?
Ulteriori informazioni: Ho bisogno di lavorare, non litigo mai con nessuno e se avete bisogno di qualcuno pronto a prostrarsi ad ogni evenienza, disponibile al signorsì in ogni caso, avete trovato l’uomo perfetto per la vostra azienda.
Mai avuto risposte. Nemmeno per un colloquio, ma evitavo di abbattermi.
Non ero felice, ma mi arrangiavo ad esserlo.
Poi ci fu quel referendum. Fecero leva sulla rabbia, sull’indignazione. Fuori divenne un inferno. Al primo attentanto ne seguirono altri dieci. E all’indignazione seguì la paura. Ci fu il coprifuoco. Non ci si guardava in faccia se non per diffidenza.
La paura avrebbe condizionato il voto. Lo sapevamo noi e lo sapevano loro.
Il giorno delle votazioni fece caldo. Non ricordo di aver sudato mai così tanto.
Io votai a sfavore, ma mi resi subito conto che avrebbero vinto loro. Lo capii dalla violenza con cui si diedero da fare le prime ronde di cittadini. Dai colpi di pistola sempre più frequenti. Dalle grida che, nel quartiere, di notte, quando stai facendo pace con la frustrazione di una giornata e i tuoi pensieri, si trasformavano in rabbia, in paura, in dolore, in aiuto. Da come cambiavano faccia rabbia, paura, dolore, aiuto.
Vinsero loro. La sera, ascoltai il telegiornale senza fiato. Il presidente sorrideva. Era contento.
Un cambiamento epocale nella storia della nostra nazione, disse.
Un dovuto allineamento agli altri paesi. Ce lo impongono i tempi.
Non mangiai nemmeno.
È da quando ero piccolo, da quando vidi quel film, che sono contro. Rimasi impressionato da come la morte gli aveva cancellato le pupille. Fu questa la cosa che mi scosse più di tutto. E poi non era colpevole. Capito? Innocente.
Poi lessi l’Étranger di Camus.
Sono sempre stato contro. Ho votato contro.
Ma la legge avrebbe dato possibilità a privati di gestire le carceri, le strutture, i medici, la sepoltura, tutto. Nuovi posti di lavoro, nuove assunzioni. Avrei potuto far parte del tutto.
Fu mia moglie a convincermi. Io non volevo. Io non potevo.
Io ho votato contro.
Un lavoro come un altro, uno stipendio sicuro, contributi versati, faresti solo il tuo dovere, disse.
E poi pensaci, potremmo permetterci una vacanza finalmente. Una cucina nuova. La bici per Francesco. L’iscrizione a nuoto per Maria.
Anche mia suocera acconsentì.
Mio fratello mi odiò per sempre. Nemmeno ebbi il coraggio di chiedergli perdono.
Di mio padre non seppi mai il parere. Andò via prima del previsto, forse per le metastasi, io credo per lo schifo. Mia madre pianse quando lo venne a sapere, ma continuò ad amarmi lo stesso. Per lei non è mai successo niente.
Per lei ero suo figlio. In ogni caso.
Stampai l’ennesimo CV. Non ci misi speranza, per volontà questa volta, non per rassegnazione.
C’era un piccolo test. Mi sforzai a sbagliarlo. Mi assunsero.
In seguito, scoprii che mia moglie era andata a letto col responsabile delle risorse umane.
Lo fece per noi. Per farmi assumere. Per l’iscirizone a nuoto di Maria. Per la bici di Francesco. Per la casa a Diamante.
La perdonai. Con la cucina, mi permise di comprare un televisiore 3D.
Come in una fabbrica, avrei fatto parte della catena di un ingranaggio.
Ho fatto parte dell’ingranaggio.
Milleottocentosessanta.
Milleottocentossessanta in dodici anni.
Milleottocentossessanta in dodici anni fanno centocinquantacinque.
Centocinquantacinque l’anno.
Milleottocentosessanta condannati a morte.
Dopo dodici anni ho avuto aumento e promozione.
Ma ho chiesto di andarmene in pensione molto presto. Il prima possibile.
Sono vecchio. Sono invecchiato prima.
Ho bisogno di tempo. Di più tempo.
Ho bisogno di conferssarmi. Oggi, domani, dopodomani.
È per questo che sono qui da lei.
Milleottocentossessanta.
Mi dia la benedizione. Mi dica che devo fare.
Milleottocentossessanta padrenostro al giorno possono bastare?
La prego.
Mi dica qualcosa.
Mi aiuti.
Sono solo in muto.
Ho votato contro!

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