Conoscete l’effetto Kulešov?

L’effetto Kulešov, spiegato dal cineasta russo Lev Vladimirovič Kulešov negli anni venti dello scorso secolo, è un effetto cognitivo del montaggio e dimostra che, di un’inquadratura, si possono avere e dare sensazioni e interpretazioni diverse, perché influenzata fortemente dalle inquadrature precedenti e successive.

Non solo siti dell’informazione, ma anche molti utenti, forse perché non più divertiti dal farsi la pasta e la pizza in casa, pervasi dalla noia, trovano molto più utile giocare, in pieno squadrismo social, all’allegro sbirro in balcone, invece di dedicarsi alla lettura di un bel libro o chissà cosa.

Frustrazione e paura – in questo caso del contagio, di contagiare o della morte – rimontano l’immagine a proprio piacimento e se c’è, in allegato, qualche didascalia accusatoria, la distorsione è bella e fatta.

Dalla paura del contagio all’agorafobia è davvero un attimo e un qualsiasi “assembramento” – anche correttamente distanziato – diventa ressa e pericolo di morte.

Basta poco perché chi di potere possa ascoltare il grido degli allarmati e vieti, senza reale motivo, anche di mettere la testa fuori dalle lenzuola a primo mattino.

È risaputo che una fotografia dal basso e una particolare inquadratura schiaccia l’immagine e fa perdere la percezione dello spazio ma, meglio di me, sa raccontarvelo l’articolo del Post che segue.

https://www.ilpost.it/flashes/foto-assembramenti-teleobiettivo/

E se le foto dal basso NON sono in grado di offrire la reale distanza, quelle dall’alto pure la riducono in scala. 

Per esempio, avete presente quando dal nostro divano non capiamo come mai il calciatore non abbia fatto lo scatto decisivo per recuperare quel pallone che a noi sembrava proprio a due passi? Ecco.

Se già l’effetto Kulešov dimostrava come siamo predisposti all’inganno del mezzo e come sia facile ricostruire la realtà, prima di lasciarsi montare e smontare dalla paura e dal pregiudizio, dovremmo respirare e provare capire.

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