FILE PHOTO: Italy’s Mario Balotelli before Nations League match against Poland at Stadio Renato Dall’Ara, Bologna, Italy – September 7, 2018. REUTERS/Stefano Rellandini/File Photo

– Dobbiamo eliminarlo.
– Cosa? E..e..e.eliminarlo? Non capisco. Se siamo arrivati fin qui, molto lo dobbiamo a lui.
– Non me ne frega un cazzo.
– Ma si rende conto che è il nostro uomo migliore?
– Certo, proprio per questo dobbiamo farla finita con questa storia.

Nello studio privato di Umberto B., l’aria condizionata non c’era e Matteo S. stava asciugandosi il sudore della fronte con il risvolto della felpa.

– Nemmeno te la togli quella cosa da dosso? Fanno quaranta gradi all’ombra.
– Lo so Boss, ma tra poco, devo andare in tv. Comunque non cambi discorso, com’è che vuole eliminarlo?
– Ma sì, dobbiamo farlo fuori, come posso dire?, deve uscire fuori dalla nazionale.
– Ah, ecco.
– Cosa credevi? Siamo stronzi noi, mica assassini. Non ancora, almeno.
– Ma ne è proprio sicuro? Vuole davvero farlo fuori? In semifinale è stato decisivo.
– Lo so, cazzo, lo so. Ma ti rendi conto? Un negro di merda che ci fa vincere l’Europeo? Che figura ci  facciamo noi? Su cosa baseremo le nostre campagne elettorali? Per carità, non è mica per lui, non sono nemmeno davvero razzista. Mi stanno pure simpatici i negretti, mi ricordano le vacanze a Tropea di quando ero giovane. È che proprio non possiamo. Alle prossime turnazioni, dobbiamo prendere più voti, ma se B. ci fa vincere l’Europeo, poi sono cazzi.
– E ma cosa possiamo fare?
– Non ti preoccupare. Fortunatamente, lui è una testa calda. Basterà poco per metterlo fuori dai giochi. Mettiamogli una puttanella vicino che lo distrae, ributtiamo in mezzo la storia di Raffaella F., diamo cento euro a qualche coglione che va a rompergli il cazzo in discoteca, una scazzottata, uno dei nostri paparazzi bello pronto a scattare foto, e con i media alle calcagne, il fesso si innervosisce, e ci gioca di merda. Ricordi la storia che sarebbe andato a farsi un giro a Scampia? Ecco, fu una zoccoletta delle nostre a convincerlo ad andarci. Lui non voleva, però lo sai, quando gli si mette una fregna vicino, non capisce più niente.
– Possiamo pure far partire qualche coro razzista, così può darsi sbagli pure qualche rigore. Quel figlio di puttana non ne sgarra uno.
– Se saltelli, muore B.?
– Un cult.
– Sì, ci sto. Dai, dobbiamo muoverci, perché altrimenti questo qui ci fa saltare tutti i piani.
 – Però è un peccato. Avremmo potuto vincerla questa coppa.
 – Seee. La Spagna è forte. Avremmo perso in ogni caso. Comunque, stai a sentire il piano.
Perdiamo l’europeo, convinciamo mr B. a prenderselo al Milan, facciamo in modo che fallisca. Sicuramente, all’inizio, farà gol, trascinerà la squadra, ma con la stampa a nostro favore, riusciremo a convincere che sarà l’unico capro espiatorio di tutte le sconfitte del Milan.
– Sconfitte? Deve pure perdere il Milan?
– Ovvio Matteo. Ovvio. La, lo sai come funziona, no? S., prima delle elezioni, fa cadere a picco la squadra, scoraggia i tifosi-elettori, per poi riportare entusiasmo con il calcio mercato. Lo fa quasi sempre a ridosso delle nuove votazioni. Lo sai questo, no?
– Sì, lo so.
– Dai, allora, chiama il procuratore.
– Mino R.?
 – Sì, è uno dei nostri.
– Ma come? Non dovrebbe fare il bene del suo assistito?
– Matteo, Matteo, ma allora è vero quello che mi riferiscono su di te?
– Perché? Che dicono?
– Che sei un fessacchiotto! A quello, a Mino, basta avere la sua parte. Sai che gli frega se il negretto gli gioca male? Quello, poi, è capace di fartelo comprare a poco e niente e a rivenderlo alle stesse cifre, senza che la società ci perda un solo euro.
– Ma è così fondamentale per la campagna elettorale?
– Ciccio, forse non hai capito. Non è fondamentale per la campagna elettorale, questa E’ la campagna elettorale! Qua va tutto a puttane e se è vero che metteranno quel bamboccio di Matteo R. al governo, significa che la situazione per gli italiani sarà sempre più dura. Ecco, il nostro compito sarà quello di dare un nemico alla gente, sennò se la prenderanno con noi. Già sai. Già sai. La storia è la stessa. Come sempre. Da sempre. Faremo credere che è colpa degli immigrati, dei rom, dei napolecani, di quei mafiosi. Basterà inventare qualche storia, scaricare la colpa addosso ai rom, fare qualche video ambiguo su Facebook, farlo diventare virale, scatenare l’ira dei più poveri su di loro. L’italiano medio è razzista e ignorante, non ci vorrà molto, ma bada bene, noi non dobbiamo mirare soltanto ai rom, ma a tutti gli immigrati.
Pure quelli che vivono in italia da anni entreranno nel nostro bersaglio. Basterà che abbiano la pelle diversa dalla nostra e…
– E con Carlo Conti come facciamo?
– Matte’ e dai… basta con ‘ste battute su Carlo Conti. Non fanno ridere più neanche a quei sudici cerebrolesi che guardano Made in Terronia.
– C’ha ragione. Mi scusi, signor Umberto, continui.
– Dicevo… a tutti gli stranieri dobbiamo prenderli…
– Con la ruspa! Con la ruspa dobbiamo prenderli!
– Eh?
– Uh, scusi, mi scusi davvero. Non so cosa mi sia successo. Continui, la prego.
– Però mi piace come slogan. Bravo. Allora ci sai fare. Brava la mia bestiolina.
– Grazie senatur.
– Dicevo, e vedi di non interrompermi che sennò ti dò un cazzotto sul mento, dobbiamo prenderli e metterli al centro delle nostre dispute. Se gli italiani non avranno lavoro, sarà colpa degli immigrati. Se agli italiani verrà tolta la scuola, sarà colpa degli immigrati. Se l’Italia perderà ai prossimi mondiali, sarà colpa di B. Ora, immagina se un negro immigrato ci fa vincere una coppa, a noi, cioè, ti rendi conto? Cade tutto il castello.
– Ma lui è nato in Italia. I genitori sono immigrati, è vero, ma lui è nato a Palermo ed è stato adottato da una famiglia di Brescia. È italiano al 100 per 100. Quasi più di lei e me messi iniseme.
– Siii, ma noi questa cosa riusciamo facilmente a farla dimenticare. Gli italiani, te l’ho detto, razzisti lo sono eccome, e poi hai visto com’è andata con quel mezzo argentino di Mauro Gérman C.? Agli italiani non importa se tu sia oriundo, nato a chilometri di distanza da casa tua, ma se hai la pelle bianca e sei bravino, va bene. È la storia dell’Italia, tira più un discreto mercenario che un carro di forti patrioti difettosi.
– E B. sarebbe un forte patriota difettoso?
 – è certo! È nero… ma insomma, Matteo, non capisci niente tu. Svegliati, sennò ti tolgo la Isoardi. Senza di lei, la gente scoprirebbe di quel tuo problemuccio e non va bene.
– Mica è colpa mia se sono gay.
–  Dio santo, cosa sono costretto a dover sopportare io? Un leghista gay non si era mai visto! E poi, a volte, parli come un comunista. 
– Non sia mai. Sono cattolico, ariano e Padano io!
– Però gay.
– E non si può mica essere perfetti, Senatur.
– E allora dai, lasciamo stare. Vai, vai, e non perdere altro tempo.

Prima di uscire dalla stanza, diede un ultimo sguardo alle lancette dell’orologio a forma di Sole delle Alpi. Puntavano dritte sulle 19.00.
Il giovane e perspicace Matteo fece frettolosamente un paio di conti: erano già due ore e mezza che discutevano della cosa.
Da quando il Senatùr aveva avuto quel problemino di salute, condurre e portare a termine una discussione con lui era diventato difficile. Peggio che parlare col filippino di origini catanzaresi assunto dalla madre e con il quale passava molte ore insieme.
Cioè, sì, ok, poverino, però che chiamasse qualcuno a fargli da interprete, pensò il buon Matteo.
Invece di mandarlo in Albania a studiare, che tanto nemmeno ne è capace, se lo mettesse al suo fianco, il figlio. Può darsi che due parole riesca a capirle, lui.
E poi… com’è carino… e comunque, quando toccherà a me… farò vedere a tutti di cosa sono capace…

Raggiunta la strada, mentre gli uccelli andavano cinguettando tra un ramo e l’altro di un pesco annaffiato quotidianamente da un giovane rrilankese, Matteo S. sollevò il capo verso l’ufficio personale del Senatur. 
Da lì, da quella stessa stanza che aveva lasciato poc’anzi, sentì venir fuori una vecchia canzone di Peppino Di Capri.
Sorrise di gusto, entrò nella sua Volkswagen e si mise a canticchiare in falsettone “Sorry seems to be the hardest word” di Elton John.

N.B. ogni riferimento a fatti o persone è puramente frutto della fantasia dell’autore.

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